Di quella cartiera, che nel secolo scorso ha dato il nome ad un’intera frazione, non restano che i macchinari arrugginiti e i cumuli di amianto ancora in attesa di bonifica.
È circondata da una vegetazione altissima, stretta tra un fiume ed una stradina limitrofa di campagna, ma le sue ciminiere non sfuggono ad un occhio attento.
In una provincia che ha profondamente risentito della crisi economica e sociale, e dello sfruttamento scellerato delle risorse che ha portato ad una seria emergenza ambientale, tantissimi sono i reperti di archeologia industriale che in passato hanno fatto la fortuna (e la condanna) di questa zona.
Tanti i corsi d’acqua che in questa zona hanno permesso il fiorire di impianti industriali, specie cartiere. Quasi ogni comune limitrofo aveva la sua cartiera, ma pochissime sono quelle tuttora in funzione.
Questa fu una delle prime ad entrare in attività, nel lontano 1908, dedicandosi alla produzione di carta paglia, un tipo di carta totalmente riciclato, poiché ottenuto dalla macinazione di carta derivante dalle raccolte e da scarti di lavorazioni settoriali.
Rimase attiva fino al 1985, quando fu chiusa a causa della crisi di mercato. Nel 1996 venne rilevata da una nuova società e destinata alla produzione di carta di imballaggio riciclata, forte dell’introduzione di nuovi impianti. Nel 2002 venne messa in liquidazione, per poi entrare in un nuovo periodo di crisi culminato nel 2005 con la cessazione di tutte le attività ed il licenziamento dei dipendenti. Nel 2006 un’altra società provo a rilanciarla, ma gli sforzi furono vani: nell’aprile del 2010 chiude definitivamente per fallimento.
Nel capannone principale c’è ancora il fulcro della produzione cartaria. L’enorme macchina bobinatrice si estende per l’intera lunghezza della sala. Avvolto sul pope c’è ancora un rotolo in fase di avvolgimento, dalla superficie irregolare e rugosa, tipica della carta riciclata.
Salendo al piano superiore troviamo il resto degli impianti e la ciminiera. Qui aveva luogo la prima fase del processo produttivo della carta, che ruotava intorno all’azione del pulper, meglio noto come spappolatore. Questo macchinario, grazie all’azione combinata di una girante che ruotava a forte velocità e dell’acqua, riduceva i fogli in pasta di cellulosa pompabile. La pasta ottenuta, con una densità prestabilita, veniva infine inviata alle tine di stoccaggio tramite apposite pompe.
Tutto è ancora com’è stato lasciato nel 2010, comprese le coperture in amianto. Un’emergenza ambientale che ha serie conseguenze a livello epidemiologico, data l’alta incidenza di tumori del sistema linfoematopoietico e di patologie dell’apparato cardiovascolare.
L’ultimo intervento di messa in sicurezza, annunciato agli inizi del 2019 in seguito allo sblocco di alcuni fondi, è ancora in attesa del via libera.