Un declino immeritato, lento ed inesorabile, ha segnato la storia di villa P. Un tempo tra le più ammirate dimore nobiliari del centro Italia, oggi viene svenduta ad una frazione del suo valore.
Sembra una storia già sentita, di cui conosciamo il finale ma a cui non ci si abitua mai. L’incuria, la cattiva gestione e per ultimo un violento terremoto, hanno dato il colpo di grazia alla villa cinquecentesca sorta come casa di villeggiatura in aperta campagna.
La tradizione ne attribuisce la costruzione ad Antonio Sangallo, ma non vi sono fonti attendibili circa le sue origini. I secoli a partire dal ‘700 sono stati caratterizzati da diversi passaggi di proprietà sotto famiglie di alto lignaggio, tra cui un pronipote di Napoleone Bonaparte sul finire dell’800.
Il vasto parco di oltre due ettari, ora invaso da rovi e sterpaglie, doveva assicurare un ingresso decisamente scenografico alla villa: filari di lecci conducevano all’ingresso monumentale, fiancheggiato da due strutture secondarie con una pianta a ferro di cavallo.
I blocchi laterali un tempo ospitavano le cucine, i magazzini, la limonaia e la cappella. Cuore pulsante di questo perimetro era il giardino all’italiana ridisegnato più volte secondo il gusto del tempo e dei diversi proprietari. Da questo giardino, attraverso due scalinate simmetriche semicircolari si raggiungeva il ripiano del secondo giardino, leggermente digradante e aperto panoramicamente sulla città.
Del suo antico splendore restano a testimonianza le siepi di bosso, le rovine di un ninfeo e le numerose vasche e fontane alimentate da una cisterna che raccoglieva l’acqua di una sorgente affiorante nella zona.
La villa padronale non ha avuto una sorte migliore. Stretta nell’abbraccio ferroso delle impalcature che ormai la cingono da anni, rimane difficile coglierne l’originaria bellezza. Una tettoia metallica è stata messa a protezione dell’interno: per evitare che gli agenti atmosferici possano ulteriormente compromettere i preziosi affreschi della villa. Il tetto è infatti quasi interamente crollato.
Attraverso i tre piani si procede a passo incerto, non solo per i tanti dettagli che catturano più di uno sguardo, ma anche per la precarietà strutturale, che rende la villa estremamente fragile. Il pian terreno, oltre ad alcuni saloni di rappresentanza, disponeva di molte stanze adibite a servizi e di un accesso alle cantine collegate all’esterno attraverso un tunnel sotterraneo utilizzato per la conservazione del vino.
Il piano nobile, raccordato a quello sottostante mediante una scala ad emiciclo decorata da nicchie e statue marmoree di condottieri, era costituito dai saloni di rappresentanza mentre il terzo piano era riservato alla servitù.
Coloratissimi e diversificati nelle rappresentazioni e nei significati, i tanti affreschi che abbelliscono ogni stanza della villa. Persistono ancora le decorazioni originali risalenti alla metà del Cinquecento, oltre a quelle moderne realizzate nel Novecento. In un susseguirsi di creature mitologiche e fantastiche, ma anche raffigurazioni campestri, ogni stanza si contraddistingue per un diverso colore e tema.
Nulla è rimasto degli arredi, spogliata persino di decorazioni e caminetti. L’unica traccia del passato è un vecchio pianoforte impolverato, addossato alla parete come un peso di cui disfarsi.