Se ci chiedessero di descrivere un castello medievale, lo immagineremmo proprio come quello di questo forte sulle colline dell’Appennino Centrale.
E’ il classico castello dell’immaginario collettivo: su un’impervia collina in posizione strategica, domina quello che un tempo era il Corridoio Bizantino, ovvero la stretta fascia territoriale voluta dall’Impero bizantino per collegare Ravenna a Roma. Qui risiedevano alcuni soldati che avevano il compito di proteggere i viandanti e offrire loro ristoro e una stazione di posta.
Il primo nucleo è di poco successivo alla caduta dell’Impero Romano, ma non si esclude che sia stato realizzato su una preesistente costruzione di epoca romana. Poche e fumose le notizie pervenute dal Basso Medioevo. Sappiamo che, nel corso di questi secoli, divenne di proprietà di diverse famiglie guelfe, poiché questo zona apparteneva allo Stato Pontificio, fino a passare sotto il controllo di un esponente dei Borgia, che sosteneva lo Stato Pontificio nello scontro tra famiglie Guelfe e Ghibelline. Nell’Ottocento venne acquistata da una famiglia della zona, che la cedette al Comune nel 1922. La gestione comunale risultò problematica fin dagli inizi, tra contese comunali e diatribe con gli eredi del proprietario che ne rivendicavano il possesso.
Sul finire della seconda guerra mondiale, terreni ed edifici vennero affittati a locali famiglie di agricoltori, e successivamente dati in gestione ad una cooperativa agraria, che si occupava della lavorazione dei cereali prodotti nel territorio. Il terremoto del 1978 contribuì al declino delle strutture, dando via ad una lunga serie di furti e saccheggi. Gli attuali proprietari hanno proposto una serie di progetti volti al recupero strutturale e funzionari degli edifici, lontani anni luce dal passato del castello. Qui potrebbe sorgere un resort con spazi sportivi e campo da golf, ma nessun progetto è stato ancora approvato dalle autorità competenti.
Sebbene ormai quasi ridotta allo stato di rudere, nessuno in paese ha dimenticato la piccola chiesetta dedicata alla Santa Croce. Impronte recenti dimostrano che il sentiero è battuto dai fedeli che qui si inerpicano per lasciare un ex voto alla Vergine. Il giardino irriconoscibile e incolto, ha perduto il settecentesco disegno formale all’italiana, ed è stato inglobato da sterpaglie, rovi, spine e alberi cresciuti spontaneamente che hanno reso l’area inavvicinabile.