Quando l’identità e le tradizioni di un territorio vengono recuperate come tesoro collettivo, le storie di chi ha vissuto, amato e sofferto in quei luoghi diventano immortali.
Miniera di Marcellina, alla periferia di Roma. In un’area che deve parte delle sue fortune al suo fiorente passato produttivo, l’architetto Romolo Belvedere e l’artista Luis Gomez de Teheran hanno voluto rendere omaggio alla memoria storica e identitaria degli abitanti di Marcellina e San Polo dei Cavalieri.
Se la tendenza predominante è quella di seppellire sotto strati di polvere e incuria mirabili esempi di archeologia industriale, nella miniera di Marcellina si è deciso di custodire e valorizzare la memoria storica e identitaria di un’intera comunità.
Prima che venissero dismesse sul finire degli anni ’70, la fabbrica di cemento e l’ex cava CI.DI. sono state parte integrante della vita quotidiana degli abitanti della città. Un’attività che non ha solo segnato mani e volti, ma ha anche plasmato profondamente il territorio, lasciando dietro di sé un deserto di abbandono. Almeno fino al 2018, quando, grazie al finanziamento del Parco Regionale dei Monti Lucretili, un ambizioso progetto artistico ha salvato la fabbrica da un oblio ingrato.
Nell’opera di Gomez la sensibilità artistica incontra il vissuto umano, personificato dal ritratto di Teodora Fornari, moglie e madre marcellinese che ha consacrato un’intera vita al lavoro in miniera. Il suo volto, provato da anni di fatica ma fiero nella sua espressività, è stato impresso sulla facciata dell’Altoforno posto all’ingresso dell’ex stabilimento, come se dovesse vegliare su quanto resta come protettrice silenziosa.
Sul calare del sole il ventre di Teodora si accende. Gli ultimi raggi della golden hour accentuano il bagliore aureo delle pepite che traboccano dalla vecchia cava: sono le vecchie pietre estratte dalla terra, rese dorate dall’artista venezuelano per ricreare una sorta di percorso luminoso alla scoperta delle bellezze preziose del territorio. In quest’ottica nasce il “Sentiero dell’oro“, una sorta di mappa del tesoro scandita da un susseguirsi di pietre dorate lungo il tracciato che da Marcellina e San Polo conduce a Prato Favale.
Quello di Teodora è solo il primo dei tanti volti che hanno lavorato e sofferto in questo luogo. Il reportage fotografico di Romolo Belvedere “Le facce di pietra“, che ha ispirato l’opera di Gomez, ritrae molti altri lavoratori. Non solo minatori solerti ma anche contadini, pastori e altri simboli della collettività, tra cui la bambina marcellinese anch’essa immortalata sulla superficie dei silos: un trait d’union tra un passato celebrato come eredità da tramandare e la contemporaneità che ne raccoglie l’eredità.
Il progetto artistico della miniera di Marcellina non è dunque una mera opera di abbellimento, ma trasmette un messaggio che guarda al futuro. Perché solo conservando le memorie del passato è possibile creare legami e appartenenze profonde nel presente.