L’Italia dei borghi abbandonati è un ricco mosaico di culture e civiltà che rischia di andare perduto. Con il suo bagaglio di storia, il borgo di Stazzano Vecchio non fa eccezione.
Italia Nostra ha lanciato l’allarme per circa 6.000 borghi abbandonati sparsi sulla penisola, censiti dall’Istat nell’ultimo rapporto sul territorio. Non tutti hanno avuto la fortuna di essere riconvertiti in albergo diffuso o di essere oggetto di iniziative culturali. Stazzano Vecchio è tra questi.
Del piccolo paesino della Sabina Romana, immerso in aperta campagna, non resta che un agglomerato di ruderi. Appena riconoscibile la chiesa di Santa Maria, da un accenno di abside, inconfondibile il torrione del castello, con le sue possenti mura.
Su quest’altura, già rinomata dai Romani per la sua posizione strategica, venne realizzata nell’Alto Medioevo una fortificazione attrezzata con un mastio quadrato e quattro torri circolari, delimitate da un fossato. Nel corso dei secoli, il suo controllo passò sotto il dominio dei Savelli e degli Orsini, che provvidero a ristrutturarla.
Il borgo visse un periodo di grande splendore a partire dal Trecento: estremamente attivo e produttivo, arrivò a contare fino a 600 abitanti. Dall’Ottocento iniziò a registrarsi la parabola discendente di Stazzano Romano. Con il dominio francese instaurato a Roma a partire dal 1808, e la crisi del sistema feudale, il borgo perse il suo ruolo di centro economico.
Fino a inizio Novecento rimase abitato da un centinaio di abitanti. Il destino avverso tornò ad accanirsi su Stazzano nel 1901: un incessante sciame sismico culminò, il 24 aprile, in una violenta scossa dell’VIII grado della scala Mercalli. Le poche abitazioni rimaste in piedi vennero rase al suolo dalle successive scosse di assestamento.
Gli abitanti lasciarono definitivamente Stazzano, reinsediandosi a valle presso un nuovo borgo omonimo, attuale frazione di Palombara Sabina. Da allora, l’antico centro venne soprannominato Stazzano Vecchio.
Diversi i tentativi di ricostruire il borgo antico, mai andati a buon fine. Tuttavia, da diversi anni, un privato si sta occupando di riqualificare alcuni edifici utilizzando i materiali originari. Rientra in questo piano l’opera di restauro (parziale) della torre quadrata.
Anche se meno rinomato dei suoi “cugini” ben più turistici, il borgo offre degli scorci panoramici senza pari nella ricchissima vallata confinante con i Monti Lucretili e la piana del Tevere. Non sorprende che venga menzionato tutte le volte che si parla dei borghi fantasma più belli del Lazio, insieme a Monterano. Un luogo magico e senza tempo, che merita maggior valorizzazione e conoscenza.