A cavallo tra Ottocento e Novecento anche Livorno, come altre città toscane, era una rinomata località di villeggiatura fra turisti e vacanzieri. E, al pari di altri capoluoghi, fu un grande punto di richiamo del turismo termale.
L’antica eleganza dello Stabilimento Acque della Salute, è solo parzialmente offuscata dall’attuale decadenza della struttura, circondata da rovi e in condizioni estremamente precarie. Non sfuggono ad uno sguardo attento gli squisiti decori floreali in stile liberty, le vetrate intarsiate e le maioliche dipinte a mano.
La storia di questo monumentale complesso ha inizio sul finire dell’Ottocento, in seguito alla scoperta di una fonte d’acqua salata che si scoprì idonea alla cura delle malattie dell’apparato digerente. A partire dal 1903, in seguito al rilevamento della sorgente da parte di una società privata, iniziò la realizzazione delle terme ad opera dell’ingegnere Angiolo Badaloni. Inaugurate l’anno successivo, ricevettero da subito la medaglia d’oro all’Esposizione Mondiale di Parigi.
Il successo fu tale che si dovette realizzare un’apposita linea ferroviaria che collegasse le terme al centro cittadino, e un lussuoso albergo, l’Hotel Corallo, per accogliere i visitatori provenienti da tutta Italia. Livorno in quel periodo riuscì quasi ad oscurare il primato termale di Montecatini.
I problemi cominciarono durante la seconda guerra mondiale quando, in seguito all’emanazione delle leggi razziali, il proprietario di origine ebrea, Chayes, fu costretto a disfarsi di tutti i beni prima che venissero confiscati dal regime. Stipulò un accordo con la ditta Recoaro, in base al quale sarebbe parzialmente tornato in possesso della proprietà al termine del conflitto.
Lo stabilimento, che prima del conflitto erogava giornalmente 50.000 litri d’acqua, iniziò a svuotarsi in seguito ai bombardamenti che, quasi miracolosamente, lo risparmiarono.
Al termine della guerra, Chayes tornò in possesso dell’albergo, mentre gli americani fecero delle terme il loro Officier’s Club. Decisero di sfruttare le proprietà terapeutiche di quelle acque ed iniziarono i primi accordi con la Coca-Cola. L’attività termale non venne però ripristinata e, mentre la sala grande divenne una pista da ballo, la multinazionale riavviò la produzione dei prodotti Corallo (acqua e bibite) unitamente alla produzione della nuova bevanda.
La situazione peggiorò a partire dal 1968, anno che vide la distruzione della parte monumentale del complesso a causa di un violento incendio, e l’acquisizione dell’intera produzione della ditta Corallo da parte di Coca-Cola. Sparisce la famosa bottiglia verde dell’acqua Corallo, nonostante la scoperta di una nuova sorgente in grado di erogare 40.000 litri di acqua al giorno.
Il graduale disinteresse da parte della proprietà, portò ad un forte decadimento, aggravato, nel 1982, dall’apertura di un cavalcavia sulla vicina linea ferroviaria, proprio davanti alla grande esedra dello stabilimento, che arrecò un notevole danno all’immagine della struttura.
Dopo diversi cambi di proprietà e tentativi di recupero mai avviati, si arriva alla gestione odierna da parte del Comune di Livorno. Al fine di avviare un recupero della struttura, l’associazione Reset Livorno organizza aste di beneficenza e raccolte fondi, ma tanti altri sono gli enti che hanno preso a cuore il destino delle terme, come ad esempio la Onlus Terme del Corallo, che organizza visite guidate per raccogliere fondi utili per gli interventi di restauro dei padiglioni dello stabilimento termale.
E qualcosa sta iniziando a muoversi, tant’è che questo 2019 ha animato le terme con diversi eventi e ha visto lo stanziamento, da parte dell’amministrazione comunale, di un fondo per il restauro del tetto della Palazzina dei Medici. Le premesse per la rinascita delle Terme del Corallo ci sono tutte.