Da monastero a caserma, da conservatorio a lazzaretto, fino alla moderna destinazione sanitaria, la storia di questo ospedale abbandonato è stata lunga e movimentata.
Le prime attestazioni dell’esistenza di questa struttura risalgono al Trecento quando, a ridosso delle mura cittadine, venne realizzato un monastero dedicato ad una santa romana. Molti gli ampliamenti e le modifiche che si sono succeduti nel corso dei secoli, coerentemente con i cambi di destinazione d’uso. A partire dall’Ottocento fu adibita a caserma, e poi abbandonata. Recuperata, divenne al contempo conservatorio e orfanotrofio femminile. Qui le trovatelle potevano essere istruite e avere l’opportunità di ricevere una dote. Pochi anni dopo le mura dell’ex monastero accoglieranno anche i malati di colera del focolaio del 1854.
L’attuale sistemazione, che ha pesantemente risentito degli ultimi sismi, risale ai rifacimenti degli anni ’50. Nel 1930 iniziò a farsi avanti l’ipotesi di destinare questo enorme complesso a ospedale civile, riutilizzando come cappella la primitiva chiesa. Per quasi settant’anni accolse pazienti provenienti da ogni parte della regione, grazie a reparti all’avanguardia e personale altamente qualificato.Il trasferimento dei dipartimenti presso una sede distaccata, lo rese poco strategico per le attività della ASL, che lo abbandonò intorno al 1998.
Negli ambulatori di anatomia e medicina nucleare di questo ospedale abbandonato, sono ancora tantissimi i macchinari per radiografie ed ecografie, le cartelle cliniche dei pazienti e i referti accatastati negli archivi. Come anche le riviste scientifiche e i trattati di medicina ancora catalogati sugli scaffali della biblioteca.
L’unica parte originaria del monastero è anche quella più disastrata. La navata della chiesa dedicata alla santa è occupata da mucchi di macerie, e della copertura lignea non restano che pericolose travi in bilico. Soltanto l’altare e le statue nelle nicchie sono scampate alla furia della natura.
Da lì si dirama il dedalo dei reparti dell’ospedale abbandonato, tra oscuri corridoi interminabili, uffici del personale e locali tecnici. Un progetto colossale che, da istituto di punta della sanità regionale, è diventato un mostro di cemento lugubre e abbandonato, spesso frequentato da incoscienti amanti del brivido.