La vita non è mai stata facile a Rocchetta Alta, un paese dilaniato da terremoti, frane e bombardamenti. Eppure, quando si è trattato di doverlo abbandonare, in molti non se la sono sentita.
E non resta difficile crederlo: una volta giunti sul picco calcareo al vertice di Rocchetta Alta, il borgo si manifesta in tutta la sua unica bellezza, contornato dal mosaico roccioso delle Mainarde Molisane e dalle sorgenti del Volturno.
Qui si trova il primitivo nucleo del borgo, da cui Rocchetta Alta ha avuto origine. Intorno al castello Battiloro, realizzato nel XII secolo a scopi difensivi, iniziò a svilupparsi una comunità, che si ampliò fino a raggiungere il massimo dello splendore in epoca rinascimentale.
Se nella parte bassa le abitazioni più recenti lasciano ancora intravedere la mano dell’uomo, nella zona vecchia è la natura l’unica abitante incontrastata, con un impeto tale da assoggettare qualsiasi ricordo di civiltà. Dove una volta c’erano i portoni a tutelare un’intimità familiare svanita, ora reticoli di rovi celano l’accesso agli estranei mossi da curiosità.
Gli stemmi sui portali in pietra ci riportano indietro di quasi un secolo, a quando le botteghe erano animate dal lavoro di sarti, macellai e artigiani, che apponevano il loro “simbolo” sulla chiave di volta, al pari dei nobili con i loro blasoni.
Ma qui non c’è spazio per affreschi, stucchi barocchi e arredi principeschi. Tutto richiama la vita dura e semplice che si conduceva nei luoghi montani nella prima metà del Novecento. In pochi avevano il lusso di poter vivere in una casa a due livelli, che spesso era fornita dell’essenziale. Quel che resta di caminetti e sedie impagliate era tutto il tesoro di queste famiglie che la sera, dopo una giornata nei campi, si riunivano intorno al focolare.
Una vita agro-pastorale piena di sacrifici, scandita dai ritmi della natura, la stessa che decreterà la lenta fine di Rocchetta Alta. A partire dal 1890, il borgo iniziò a manifestare gravi cedimenti. Le infiltrazioni d’acqua, piovana e sorgiva, iniziarono ad erodere gli strati di argilla e arenaria, provocando lo scivolamento dell’abitato. Ma non tutti si trasferirono a valle, dove nel frattempo era sorta una nuova frazione.
Se la forza distruttiva della natura non fu in grado di scoraggiare gli abitanti di Rocchetta, il colpo di grazia venne proprio dall’intervento umano. È il 1943 quando Rocchetta Alta venne rastrellata e occupata dai tedeschi in vista dei combattimenti sulla Linea Bernhardt. L’intero paese fu evacuato ma, anche qui, non tutti si arresero.
I civili, cacciati a forza dalle loro case, furono vittime di soprusi e violenze da parte del commando nazista, che culminarono nell’uccisione di due anziani coniugi di 77 e 76 anni, nel novembre 1943. Questo travagliato periodo storico trova spazio presso il Museo Internazionale delle Guerre Mondiali che, attraverso cimeli originali, alcuni dei quali molto rari o addirittura unici, materiali filmati e semplici allestimenti scenografici, ricostruisce la vita quotidiana degli uomini alle armi nei due conflitti mondiali.
Al termine della guerra, i danni bellici e le terribili condizioni di vita costrinsero quei pochi abitanti rimasti all’addio definitivo. Solo in tempi recenti qualcuno è tornato a riappropriarsi delle sue radici, restaurando la casa di famiglia e dando una nuova speranza a quel borgo sfortunato.