Undici gli anni passati tra impalcature e speranze per la ricostruzione. Undici le case realizzate dopo il violento sisma che nel 2009 infranse sogni e vite.
Questo piccolissimo borgo di origine medievale, a pochi km dall’epicentro del terremoto dell’Aquila, non sembra essere tra le priorità della ricostruzione.
Le case agibili sono molto poche. Quelle abitate ancora meno. Quello che non ha fatto la scossa del 6 aprile 2009 l’hanno fatto l’incuria e il disinteresse. Nessun intervento di recupero ha interessato questo borgo, oggetto solo di un reticolato di puntellature per assicurare una minima messa in sicurezza.
Sebbene dimenticato dalle istituzioni, il suo ricordo è rimasto vivo tra i pochissimi abitanti che hanno combattuto per restare. Il centro storico è estremamente pittoresco e ben tenuto dagli anziani del posto, che ne parlano appassionatamente ai pochi “forestieri” che qui vi arrivano di passaggio dal capoluogo. Le tortuose stradine si diramano tra ruderi e vecchi palazzotti signorili. Uno di questi fa sfoggio di uno splendido leone in marmo: è stato trafugato dalla città romana di Amiternum, ci fa sapere un anziano nel posto. Qui in molti han fatto fortuna grazie ai materiali di spoglio provenienti dal sito archeologico. I maestosi portali in marmo si alternano alle porticine in legno delle case di contadini e pastori: ai tempi della transumanza questo era un importante punto di collegamento con il Tavoliere delle Puglie. Adesso la realtà è fatta di vecchie case, di vicoli coperti d’asfalto, di silenzio, di volti di anziani che si aggirano quasi smarriti in un posto che forse non riconoscono più. Così, nel tentativo di farlo rivivere nel presente, ogni angolo e scorcio del borgo, anche il più desolato, è stato arricchito con una brillante palette floreale. È la vita che cerca la propria rivincita sulle finestre spalancate, sui muri segnati dal tempo e dal terremoto e su questo silenzio che urla rabbia e si spegne in rassegnazione.