Meno famosa della vicina Civita di Bagnoregio, Celleno vi si accomuna per la sua conformazione, tipica di molti borghi della Tuscia, ma anche per il suo destino sfortunato.
Lo sperone tufaceo su cui è scenograficamente arroccato a 350 metri di altezza è infatti soggetto ad una lenta e progressiva erosione che sta mettendo in serio pericolo la sua stessa stabilità. Questo, è solo l’epilogo di una storia che è stata lunga e travagliata.
Di origine etrusca, fu sottomessa dai romani nel III sec. a.C., subì le scorrerie ed i saccheggi dei barbari e le lotte tra Guelfi e Ghibellini nella lunga contesa che vedeva opposte Orvieto e Viterbo. Conobbe un periodo di relativa pace solò quando passò sotto l’ala protettrice della Santa Sede grazie agli Orsini, che ne fecero un feudo papale. Questa parentesi felice durò ben poco perché nel 1696 subì un disastroso terremoto che danneggiò seriamente le strutture sia pubbliche che civili.
Con molta probabilità la valle che si trova alle porte del borgo antico, e che ancora oggi possiamo notare, si formò proprio durante questo terribile terremoto che lasciò isolato il centro di Celleno dal territorio circostante. Un secondo disastroso terremoto nel 1855, preceduto da una tragica epidemia di febbre petecchiale, diede il colpo di grazia alla popolazione costretta ad abbandonare il paese per spostarsi a circa un chilometro e costruire, in località Le Poggette, la nuova Celleno.
Una volta raggiunta Celleno Nuovo attraverso la provinciale Teverina, si prosegue sulla strada principale del paese per 1,5 km, fino ad arrivare a piazza San Rocco, con l’omonimo convento, dove è possibile parcheggiare.
Da qui, una ripida e panoramicissima salita permette di raggiungere il nucleo principale dell’antico borgo, nel quale spicca il Castello Orsini, munito di un imponente fortilizio e di una grande torre di guardia. Restaurato recentemente, il castello venne utilizzato per un certo periodo dal comune di Celleno come ufficio per l’amministrazione, ambulatorio e persino come scuola in attesa della realizzazione degli edifici nel centro storico. Di fianco al castello si trova la chiesa di San Carlo, di cui restano solo le mura mentre, poco distante sorge la chiesa romanica di San Donato, risalente all’anno mille e abbellita da un bel portale d’ingresso in pietra basaltica. Spiccano le case realizzate in tufo rosso, completamente restaurate, mentre altre sono ridotte allo stato di rudere.
E’ un piacere perdersi nel dedalo di stradine e cunicoli anche se, tra abitazioni sventrate, finestre vuote e aperte sul cielo e scale franate, la visita non è sempre agevole. Soprattutto le numerose cantine e le cavità sottostanti ai diversi edifici, sono difficilmente raggiungibili perché interrate o pericolanti: sono le cellae latine, le cavità scavate nella rupe tufacea, che hanno probabilmente dato il nome al paese.
Gli splendidi panorami sul verde paesaggio della Tuscia, costellato da campi, casolari e paeselli isolati, accentuano il fascino di questo borgo solitario, in cui l’unico rumore a scuoterne la quiete è quello del vento che risuona nei viottoli.