Nel bel mezzo della Valnerina, in una zona dal grande fascino naturalistico, c’è un’area che rispecchia a pieno la vocazione industriale di Terni, città che ha saputo fare dello sfruttamento delle risorse del territorio un suo punto di forza.
A pochi minuti di distanza dalla cascata delle Marmore, nella splendida cornice naturalistica del Parco Fluviale del Nera, giace l’enorme stabilimento industriale di Papigno.
Nel dopoguerra furono attuati dei tentativi di ripresa, che però si scontrarono con una crescente crisi del mercato del carburo e della cianamide. Negli anni ’60 venne addirittura ristrutturata ma l’espropriazione del settore elettrico a seguito della legge sulla nazionalizzazione dell’energia elettrica (6 dicembre 1962) inferse un altro colpo decisivo. Infatti nel 1964 lo stabilimento fu soccorso attraverso l’acquisizione da parte della Terni Industrie Chimiche, già del gruppo FINSIDER. Nel 1967 si ebbe il passaggio ad un altro ente, l’ENI. Nel 1973 lo Stabilimento Elettrochimico chiuse i battenti. Fino a metà anni ottanta rimase in funzione il reparto per la produzione di ossigeno ed idrogeno gestito dalla Terni Siderurgica ad uso del fabbisogno interno della stessa.
Oggi questo enorme stabilimento, che copre una superficie complessiva di 105.450 mq, è di proprietà del Comune di Terni e in parte dell’Enel. Recentemente il Comune ha ristrutturato la palazzina che era adibita ad uffici e tre capannoni per varie iniziative culturali e non, e ha aperto una parte della fabbrica ad associazioni sportive.
Degli impianti elettrochimici restano la ciminiera, la sala macchine, i capannoni, i tunnel degli alimentatori a 6.000 volts, abbandonati a se stessi, logorati dal tempo e dalle intemperie e divenuti una “bomba ecologica”.