Ho perso il conto di quante volte abbia percorso frettolosamente questa consolare, ipnotizzata dall’asfalto. Lo scorrimento veloce non permette di soffermarsi troppo a lungo. Ma oggi, un accenno di pietra e mattoni tra il verde ha catturato il mio sguardo, costringendomi a rallentare. Una svolta improvvisa, le ruote che stridono sulla ghiaia, e mi ritrovo di fronte a un cancello arrugginito, semi nascosto dalla vegetazione rigogliosa.
Nascosta tra cipressi e pini secolari, questa maestosa villa abbandonata alla periferia di Roma nasconde a fatica la sua bellezza decadente. Un richiamo irresistibile per chi, come me, cerca storie perdute nel paesaggio quotidiano.
Avvicinandomi alla villa, vengo accolta da un portico dalle colonne tortili finemente decorate. Capitelli corinzi scolpiti con motivi floreali e volute intricate testimoniano l’abilità degli artigiani di un’epoca passata.
Varcando la soglia, mi ritrovo in un mondo sospeso. Sul pavimento un tappeto di foglie secche, portate dal vento attraverso le finestre rotte. Le pareti spoglie contrastano con la ricchezza di dettagli che abbellisce gli esterni, fatta eccezione per il caminetto finemente lavorato in una delle stanze al piano terra.
Salendo al piano superiore, la loggia offre una vista mozzafiato sulla campagna circostante. È facile immaginare i precedenti abitanti intenti a godersi il panorama in giornate di sole, sorseggiando un caffè o leggendo un libro. L’edera, paziente e inarrestabile, si arrampica lungo il colonnato, creando verdi arabeschi sulle antiche pietre. Rampicanti si insinuano tra le crepe del pavimento in marmo, un tempo lucido e impeccabile. La natura, con la sua forza gentile ma implacabile, sta lentamente reclamando ciò che un tempo le apparteneva, trasformando lo spazio in un giardino sospeso tra cielo e terra.
In un angolo, una statua di marmo di una figura femminile resiste stoicamente al passare del tempo. Il suo sguardo sereno sembra custodire i segreti della villa, testimone silente di decenni di storia. Tornando sulla strada, mi rendo conto di quanto possa essere ricco il viaggio quando si decide di rallentare e guardare oltre l’ovvio.