Il lato dolce di Foligno

Volto noto a molti pendolari che da Roma raggiungono l’Umbria e le Marche, lo zuccherificio di Foligno si trova proprio a ridosso della stazione, nell’area sud-ovest della città, un tempo desolata periferia industriale ma oggi fittamente abitata.

Realizzato nel 1900 dalla Società Italo-Belga, l’opificio sfruttava le acque del vicino fiume Topino per mezzo di un canale con imbocco all’altezza della cascatella sita in Sportella Marini, ed era collegato da un raccordo ferroviario alla linea Foligno – Terontola.

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Lo zuccherificio di Foligno, con i suoi 30 o più operai fissi e più di cento stagionali, risultava il più importante stabilimento della città. La materia prima, la barbabietola, proveniva per il 50% dall’area di Foligno, Perugia e dall’Appennino centrale e per il 50% dal Valdarno, dalle Marche e dall’Agro Romano.

Nei decenni successivi l’attività venne ampliata con la creazione di reparti dedicati alla distillazione dell’alcool e alla lavorazione delle marmellate e dei prodotti zuccherati.

Fino agli anni ’40 la struttura continuò a subire modifiche: vennero creati i silos per le bietole, un più grande reparto di distilleria e la palazzina per l’amministrazione. In questo periodo furono anche perfezionati e aggiornati gli impianti per la produzione dell’energia elettrica e corrente necessari al processo di fabbricazione.

La sua attività subì un drammatico stop a causa dei bombardamenti avvenuti durante il secondo conflitto mondiale: ben 23, che causarono ingenti danni al corpo di fabbrica, ai magazzini, ai silos e ai forni. Durante gli anni ’70 cambierà diverse volte gestione, fino a cessare l’attività produttiva nel 1980.

Nel 1988 venne demolita la maggior parte del complesso, di cui oggi restano in piedi il blocco produttivo la fornace, la ciminiera e la palazzina dell’amministrazione. Eppure, nel corso degli anni, non sono mancati i progetti di riqualificazione, tra cui quello assegnato al celebre architetto Gae Aulenti. Nonostante i rimpalli giudiziari tra COOP e Comune, l’obiettivo resta la realizzazione del Parco delle Scienze “Vision–Lo sguardo dell’uomo con la natura” concepito come un centro culturale con spazi interni ed esterni.

Eppure ad oggi, tutto sembra fermo. Poche sono le aree accessibili che non siano ridotte ad un cumulo di detriti. In una di queste, adibita a magazzino, ci sono ancora sacche di materiali utilizzati durante la raffinazione dello zucchero, uniche tracce del passato produttivo di questa fabbrica che ha contribuito al glorioso passato industriale della città.

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