Placida e imponente, nella sua pianta a esedra che sembra abbracciare quel che resta del giardino all’italiana, villa P. è uno degli esempi più mirabili di architettura privata del tardo-barocco.
Fatta realizzare all’inizio del Settecento sulle pendici di un colle dalla folta vegetazione, villa P. simboleggiava il raggiunto status gentilizio di una famiglia mercantile venuta da lontano, che qui si era imparentata con i rampolli dell’aristocrazia locale in uno scambio reciproco di benefici.
Alla morte senza eredi del capofamiglia, la villa passò attraverso alterne vicissitudini, fino a divenire di proprietà pubblica in tempi recenti. Nonostante sporadici tentativi di recupero in un’ottica di valorizzazione culturale, ad oggi la villa resta un importante patrimonio abbandonato a sé stesso.
Filari di cipressi accompagnano il sentiero che conduce alla dimora aristocratica. I dolci declivi di questa vallata agreste, quasi un contrappunto al profilo netto delle lontane montagne, sono in perfetto equilibrio con le forme armoniose della villa. A delimitarla, vi sono ancora i resti del vecchio muro perimetrale e del cancello d’accesso.
Se già la facciata denota il gusto raffinato di un’epoca lontana, gli interni riescono ad andare oltre il senso di meraviglia. L’ampio salone ovale, un tempo animato da fragorose feste e balli, ora diffonde soltanto l’eco sonora del vento, unica vera presenza del palazzo.
Qui, un trionfo di stucchi prende forma nelle sembianze di figure allegoriche e putti sorreggenti ghirlande, a loro volta sostenuti da capitelli in stile eclettico. Ad esaltarli, una distesa rosa che contrasta dolcemente con il giallognolo delle decorazioni.
La stessa sontuosità si ritrova nella piccola cappella di famiglia al piano terra, dove affiorano dei cenni cromatici sullo stucco sbiadito dell’altare.
Purtroppo, nonostante i timidi tentativi di valorizzazione, villa P. continua a testimoniare la grandezza del passato ma anche l’indolenza dell’uomo moderno.