Il monastero francescano sperduto nel bosco

Delle piccole edicole sacre, lungo un sentiero boscoso, ci conducono sulla sommità di una collina dove si staglia, imponente, un monastero abbandonato ricco di arte e storia.

Fondato nel Quattrocento dai francescani, deve il suo buono stato di conservazione in parte alla posizione celata in un bosco, che l’ha preservato dal vandalismo, ma non dal disfacimento dovuto allo scorrere dei secoli: marmi preziosi, affreschi di pregio e stucchi finemente lavorati, sono sopravvissuti ai secoli privi del loro antico splendore.

Il complesso è davvero smisurato: tra la canonica, la chiesa, le cappelle, il collegio, le aule didattiche, la serra, i sotterranei, la palestra e la tipografia (queste ultime aggiunte negli anni Sessanta), è necessaria almeno una giornata di esplorazione.

Nella sua semplicità, la chiesa principale presenta le tipiche caratteristiche architettoniche delle strutture edificate dagli ordini mendicanti: un ambiente a navata unica, con volta a botte, privo di transetto e campanile a torre, mirato all’essenzialità e alla funzionalità degli ambienti. Unica nota di vivacità gli affreschi dai colori caldi e brillanti e le vetrate policrome che fanno risplendere la chiesa in una luce ultraterrena.

Lateralmente alla chiesa, si apre un grande giardino incolto con una fontana esagonale in pietra e delle sculture opera di frati francescani dedicate a Sant’Antonio. E’ proprio su questo spiazzo che si affaccia la struttura che ospita il collegio istituito nel 1928, con le stanze private dei conventuali, i dormitori, la mensa, gli studi e le aule dove si tenevano le lezioni. In molte di queste fa una certa impressione vedere delle bibbie e dei libri ancora aperti sulle scrivanie con tanto di sottolineature e segnalibri.

Ma a lasciare a bocca aperta in questo monastero abbandonato è la piccola e splendida cappella che si trova al primo piano, dove i fratini si riunivano in preghiera, sobria nelle linee quanto sfarzosa nelle decorazioni e dei colori. Tra queste spicca il maestoso giudizio universale affrescato sul soffitto, ancora non compromesso dall’umidità e dai cedimenti strutturali.

Altro gioiellino è il chiostro su cui si affaccia la chiesa principale, al cui centro spicca un pozzo in pietra sormontato da una croce in ferro battuto. Le pareti sottostanti le arcate sono decorate da un ciclo di affreschi del secolo XVII, di stile popolare. Qui l’edera ed le muffe che tappezzano qualsiasi angolo, creano un’atmosfera tetra e decadente.

In una delle sale adiacenti si apre il refettorio, dove mangiavano i religiosi addetti alla formazione dei giovani, affrescato (non a caso) con l’episodio dell’ultima cena. Dalle cucine, alcune ripide scalette conducono nei sotterranei, che probabilmente venivano utilizzati come cantina e dispensa. Una seconda uscita sbuca invece su un giardino esterno adibito ad orto, dove si trova ancora un fontanile ed una piccola serra.

Piuttosto inaspettata è la presenza, al piano terra, di una vera e propria tipografia con tanto di macchinario per la stampa, archivi e materiale accatastato in attesa di essere distribuito. Qui c’era infatti una vera e propria redazione, che si occupava della stesura, della stampa e della spedizione di un mensile religioso. Accatastato tra i tanti libri, un volume con fotografie in bianco e nero risalenti al periodo di massimo splendore del monastero. “Luce nelle tenebre”, letteralmente.

 

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