Provincia sud di Roma, una lingua di terra che si estende verso il pontino, zona esplosa negli anni ’70 con imprese e industrie che la crisi ha ridotto a scheletri senz’anima.
L’enorme stabile che ci apprestiamo a visitare è stato a più riprese smantellato e vandalizzato, e seriamente compromesso da un incendio avvenuto nel 2013. Le condizioni in cui versa sono disastrose, ma noi decidiamo lo stesso di tentare la fortuna sfruttando un varco nella recinzione e confidando nella noncuranza degli automobilisti.
Fondata come una piccola attività artigianale a gestione familiare dedita alla lavorazione delle carni suine, negli anni ’70 divenne una realtà industriale a tutti gli effetti, contando una cinquantina di dipendenti su una superficie di 22.000 mq. Specializzata nella produzione di prosciutti, salumi, mortadelle e nella macellazione, attuava l’intera filiera industriale del suino, dalla macellazione al confezionamento, con tanto di supermercato all’ingrosso. I guai arrivarono con la morte del fondatore, quando gli eredi non vollero saperne di portare avanti l’attività di famiglia, e ne cedettero la gestione ad “imprenditori” senza scrupoli, che non persero tempo a smantellarne le strutture e a far sparire somme cospicue.
La sentenza di fallimento arrivò nel 2013, sancendo la fine di quel made in Italy che fino al decennio prima aveva riscosso un gran prestigio anche all’estero.
La struttura si articola in due enormi palazzine di sei piani, comunicanti tra loro, che ospitavano al piano terra e al primo piano il mattatoio, mentre un capannone esterno era destinato alla vendita al pubblico. In quest’ultimo sono ancora presenti i prezzi della carne affissi, e le foto di come doveva apparire all’epoca.
Ormai ridotta ad una discarica a cielo aperto, ci facciamo strada tra cumuli di macerie e immondizia, scrutando le sparute tracce del suo glorioso passato: dai camici di lavoro alle scatole di imballaggio, dalle etichette alle fatture, dai ganci della macelleria ai cartelli con i prezzi del supermercato.
La visita si conclude presto nonostante l’imponenza del posto. La difficoltà (ed i rischi) ad accedere in alcune aree e l’amarezza nel vedere un posto del genere in estremo decadimento, ci portano ad abbandonare il luogo verso altri tesori sperduti.