Varcare le soglie di un obitorio non è un’azione che si compie a cuor leggero. In questa camera mortuaria abbandonata, l’eco delle sofferenze e delle storie drammatiche che qui si sono succedute, continua ad aleggiare come uno spettro insofferente.
Il lungo cunicolo che conduce al montalettighe di questo obitorio abbandonato, è ancora più tetro a causa dell’umidità che riveste ogni superficie e del buio che incombe in ogni ambiente a causa delle (già poche) finestre murate.
La prima sala che riusciamo a rischiarare con le torce è la camera ardente, dove i freddi tavoli in marmo dividono lo spazio con un piccolo altare spoglio. A fianco, un piccolo ufficio, dove probabilmente veniva ospitato uno schedario con certificati di morte e referti delle autopsie.
Ma la sorpresa vera e propria è racchiusa nella stanza successiva, dove avevano luogo le autopsie. La cella frigorifera di questo obitorio abbandonato è aperta, e sui lettini giacciono accatastati resti umani in decomposizione, fiale di sangue rappreso, strumenti chirurgici e rifiuti tossici non identificabili, qui dalla fine degli anni Novanta.
A raggelare ancor di più, ci pensano gli effetti personali rimasti sui lettini. Qui ci sono le classiche scarpe utilizzate per la vestizione della salma, insieme ad indumenti e camici chirurgici. Sugli scaffali, confezioni di fili di sutura, flaconi di sostanze chimiche e le bozze dei referti autoptici, scritti con una grafia insolitamente leggibile.
Tra l’umidità e l’odore nauseabondo che prende alla gola, è difficile resistere il tempo necessario per una manciata di foto. Ma ci riteniamo fortunati per aver trovato questo posto così ricco di suggestioni e sensazioni contrastanti.