I banchi sono ancora vuoti da quella notte che ha cambiato la fisionomia di intere città e i destini di migliaia di persone. La periferia di questo paese è rimasta ferma a quella scossa.
I palazzi sono ormai irriconoscibili per le tante puntellature che li sostengono a fatica e, tra le vie desolanti, cumuli di macerie si alternano a spiazzi vuoti, di edifici ormai demoliti. Un’indicazione errata su Google Maps ci porta a scoprire per caso quest’enorme scuola elementare. E’ un moderno edificio a più piani, che dovrebbe essere sigillato in quanto in piena zona rossa, ma porte e cancelli sono spalancati e la curiosità va oltre qualsiasi rischio.
All’ingresso ci sono ancora gli avvisi affissi alle bacheche, gli orari di ricevimento dei professori e i collage con le foto dei camposcuola. Quaderni e diari di quell’anno fanno capolino dai sottobanchi, incrinati dai controsoffitti precipitati a terra. Doveva essere una scuola elementare all’avanguardia se poteva disporre di laboratori musicali, artistici e persino di un’aula di scienze naturali con teche di insetti, minerali, microscopi e invertebrati sotto spirito.
I disegni di alcuni bambini ci aiutano a ricostruire l’originaria collocazione dei banchi, ormai ammassati a causa dei ripetuti sismi. In alcune classi era in corso la consegna delle verifiche, con i fogli protocollo segnati a penna rossa, vicino ai registri. Qualcuno è però tornato a ripulire l’aula informatica, forse per grattare via l’oro dalle schede madri e altri componenti.
Il secondo blocco dell’edificio è decisamente troppo traballante per poter proseguire. Ce ne andiamo però con la soddisfazione di aver documentato uno spaccato di vita scolastica che ha portato via con sé anche la spensieratezza di quei bambini.